L’Ospedale Vecchio di Parma: un tempo luogo di cura, oggi luogo di archivio e memoria
Uno degli ospedali più antichi d’Italia, nel cuore della città di Parma

Barba stile Gandalf, pelliccia, uno strano cappello piumato, la sinistra sull’elsa della spada. Chi era davvero il leggendario Rudolph Tanz? Alcuni dicono un cavaliere teutonico, altri un semplice benefattore. Su una cosa, però, tutti concordano: che fosse tedesco e uomo dalle moderne vedute. Parma, Anno Domini 1201. In alcune case di borgo Taschieri (Oltretorrente), il generoso Tanz fonda a proprie spese un ospedale. Tutti possono esservi ricoverati, non solo accattoni o pellegrini (come si usava allora); fanno eccezione i malati incurabili. Lo supervisiona il vescovo, ma a gestirlo sono laici volontari, uomini e donne, che vivono in comunità. Nessun finanziamento pubblico, ma donazioni e lasciti privati. Un azzardo? Così sembrerebbe, ma quindici anni dopo, quando Rudolph Tanz improvvisamente muore, il suo ospedale è uno dei più ricchi della città e possiede già terreni e case. Col tempo però gli spazi non bastano più. Così si opta per una succursale poco lontana (attuale via D’Azeglio), riservata, tuttavia, solo a orfani e trovatelli.
1468. Scoppia una terribile pestilenza. Per arginare il problema, alcuni notabili della città propongono di accorpare tutti gli altri luoghi di cura a quello di Tanz, da sempre il meglio organizzato. A Roma il Papa approva, ma a patto che il nuovo ospedale sia soggetto solo alla sua autorità e a quella del Comune. È un sì unanime. Il nuovo edificio (la zona riservata ai bambini non viene modificata) rimarrà l’ospedale della città fino al 1915, cinque secoli dopo. Ha una pianta a forma di croce, per sorvegliare meglio i pazienti. Dispone di quasi 500 letti che stupiranno, nel Settecento, perfino un medico americano in visita a Parma. È un’isola autosufficiente: possiede cucine, refettori, dispense, pollai, cantine, spezierie.
Se ci fossimo entrati ad inizio Novecento cosa avremmo visto ed udito? Corsie rischiarate da lumi a gas, letti bianchi, un sacerdote che dice messa al centro dell’enorme crociera, infermiere con polveri e pillole, i rintocchi di una campana a scandire i tempi della giornata, pianti, preghiere, sussurri.
E dietro i finestroni, i rumori della città. Vicina e lontanissima insieme.